Licenziamento nella fase di fallimento

In seguito alla dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, il rapporto di lavoro rimane sospeso in attesa della dichiarazione del curatore ai sensi dell’ art. 72 L.Fall. ( R.D. n. 267 del 1942 ), il quale può scegliere di proseguire nel rapporto, ovvero di sciogliersi da esso. Fino al compimento di tale scelta, pertanto, il rapporto pendente è in una fase di sospensione ed il curatore, esercitando una facoltà espressamente riconosciutagli dalla legge, non può ritenersi inadempiente, fatta salva l’actio interrogatoria del lavoratore o eventuali azioni di questi per il risarcimento del danno causato dall’inerzia colpevole del curatore, sempre che ne ricorrano i presupposti di diritto comune. Successivamente, qualora il curatore deliberi di subentrare nel rapporto di lavoro, esso prosegue con l’obbligo di adempimento per entrambe le parti delle prestazioni corrispettive, mentre qualora intenda sciogliersi dal rapporto dovrà farlo nel rispetto delle norme limitative dei licenziamenti individuali e collettivi, non essendo in alcun modo sottratto ai vincoli propri dell’ordinamento lavoristico. Pertanto, la curatela che abbia proceduto ad intimare un licenziamento illegittimo è esposta alle conseguenze risarcitorie previste dall’ordinamento, secondo la disciplina applicabile tempo per tempo, a tutela della posizione del lavoratore. (Nel caso concreto ha, dunque, errato, la corte territoriale nel negare l’ammissione al passivo del fallimento per crediti della ricorrente relativi al periodo successivo al licenziamento dichiarato inefficace con sentenza passata in giudicato.)

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