Onere della prova. Mobbing

In materia di mobbing, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro rilevano specifici elementi, il cui accertamento costituisce un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato. Detti elementi sono: a) la molteplicità dei comportamenti a carattere persecutori o, illeciti o anche leciti se considerati singolarmente, che siano stati posti in essere in modo miratamente sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio. Grava sul lavoratore l’onere di provare tali circostanza, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c. senza che sia necessaria una valutazione rigorosa della sistematicità della condotta e della sussistenza dell’intento emulativo o persecutorio che deve sorreggerla.

 

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