Diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali

Sono manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art.2, commi 1, 2 e 5, della legge 12 giugno 1990, n. 146(Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge), come modificata dalla legge 11 aprile 2000, n. 83, sollevate, in riferimento all’art. 97 Cost.nella parte in cui -in caso di plurime astensioni degli avvocati dalle udienze accomunate, per espressa dichiarazione dell’associazione promotrice, dalle medesime ragioni di protesta -non prevede che la preventiva comunicazione obbligatoria del periodo dell’astensione e della relativa motivazione debba riguardare tutte le iniziative tra loro collegate, con l’indicazione di un termine finale, e non la singola astensione di volta in volta proclamata. La disposizione censurata, ponendo regole destinate a disciplinare l’esercizio del diritto all’astensione degli avvocati dalle udienze, spiega un effetto diretto sull’esercizio dell’attività giurisdizionale, cosicché trova applicazione il principio del buon andamento della P.A. che, pur essendo riferibile agli organi dell’amministrazione della giustizia, attiene esclusivamente alle leggi concernenti l’ordinamento degli uffici giudiziari ed il loro funzionamento sotto l’aspetto amministrativo; mentre tale principio è estraneo all’esercizio della funzione giurisdizionale, con conseguente manifesta inammissibilità delle questioni.
Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art.2, commi 1, 2 e 5, della legge n. 146 del 1990, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., quest’ultimo anche in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. In tal senso, si evidenzia che la circostanza che una singola proclamazione (come quella presa in esame nella fattispecie nel giudizio a quo), risulti preceduta da altre, nel contesto di uno stesso stato di agitazione della categoria, e possa essere seguita da altre analoghe comporta che, oltre al limite del preavviso minimo di dieci giorni (e massimo di sessanta), devono essere rispettati anche gli altri due limiti concorrenti: la durata complessiva (per sommatoria) non superiore a otto giorni nel mese e l’intervallo non inferiore a quindici giorni tra il termine finale di un’astensione e l’inizio di quella successiva. Ne deriva che la rete di protezione, da una parte, i limiti (di legge e autoregolamentari), che valgono in generale, e, dall’altra, anche il possibile intervento della Commissione di garanzia e, nei casi estremi, del potere pubblico, assicura la congruità del bilanciamento, in riferimento agli evocati parametri, tra il diritto degli avvocati di astensione collettiva e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, di cui all’art.1 della legge n. 146 del 1990, per la protezione dei quali devono essere erogate in ogni caso le prestazioni indispensabili.

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